Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 06 febbraio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Fra gli scimpanzé l’amicizia presenta un tratto psicologico tipicamente umano. Nella realtà umana la fiducia è una componente essenziale dell’amicizia e, in generale, la cooperazione fra persone è misura della capacità e della possibilità di fidarsi l’uno dell’altro. Joan Silk ha provato a verificare se qualcosa di simile accada fra i primati meno evoluti dell’uomo, trovando una significativa conferma. Negli scimpanzé, i legami sociali stretti, corrispondenti al rapporto di amicizia fra esseri umani, accrescono notevolmente la fiducia nell’altro, tanto da determinare alle prove sperimentali comportamenti di affidamento esclusivi ed inequivocabili [Silk J., Curr Biol 26 (2): R76-8, 2016].

 

Un bambino su sei ha problemi nell’elaborazione degli stimoli sensoriali per un disturbo non ancora incluso nella patologia pediatrica e neuropsichiatrica infantile. Spesso definito sensory processing disorder (SPD), secondo una denominazione diffusa negli USA dagli anni Sessanta quando è stato descritto per la prima volta, il disturbo è ordinariamente rilevato e trattato dai terapisti occupazionali, ma non è ancora formalmente riconosciuto. Nel 2012 l’American Academy of Pediatrics raccomandò di non porre questa diagnosi, sostenendo che i difetti di elaborazione sensoriale potrebbero far parte di sindromi già esistenti. Nonostante buoni argomenti a sostegno di una sua specifica caratterizzazione nosografica, la commissione del DSM-5 rifiutò l’inclusione. Attualmente, evidenze sperimentali depongono per l’esistenza di una base biologica, ma bisognerebbe proseguire nelle indagini e non fermarsi come spesso è accaduto negli ultimi 40 anni. Gli studi sono ancora limitati per scarsità di finanziamenti: si pensi che l’NIH solo per l’autismo in un anno ha investito una cifra 360 volte maggiore di quella che è stata spesa per l’SPD. Nonostante le differenti interpretazioni di alcuni risultati, tutti concordano nel ritenere che sarebbe una negligenza imperdonabile continuare a trascurare un disturbo così frequente.

 

Se l’altezza della giraffa è un vantaggio evolutivo, perché non esistono altre specie così alte? La giraffa è in assoluto l’animale terrestre più alto, per le straordinarie proporzioni del collo e delle zampe che costituiscono il fondamento anatomico del vantaggio adattativo rappresentato dalla possibilità di alimentarsi dagli alberi. Quale limite ha impedito a questo adattamento di generalizzarsi ad altri mammiferi occupanti la stessa nicchia ecologica? L’abilità di un animale di rilevare variazioni di stimoli ambientali e rispondere appropriatamente è cruciale per la sopravvivenza e dipende dal tempo necessario a reagire (responsività) e dalla precisione di rilievo e risposta (risoluzione). Studi recenti, condotti da Heather More e colleghi, hanno indagato la possibilità della presenza nella giraffa di speciali soluzioni per far fronte al ritardo nella conduzione dello stimolo dovuto alla necessità di percorrere con la stessa velocità nervi molto più lunghi (rallentata responsività) e alla minore innervazione periferica dei mammiferi di grande taglia (ridotta risoluzione). La ricerca ha dato esito negativo: nessun particolare processo neurofisiologico distingue la giraffa dagli altri mammiferi in questo ambito, pertanto la rallentata responsività e la ridotta risoluzione possono aver limitato la diffusione ad altre specie dei caratteri tipici dell’adattamento morfologico della giraffa.

 

Identificata nel dolore neuropatico la possibile causa di un’alterazione ritmica di difficile interpretazione. I meccanismi del dolore neuropatico cronico sono oggetto di intensi studi, ma ad oggi sono ancora molti gli interrogativi sui processi responsabili della genesi e del mantenimento di questo stato di sofferenza. È stata osservata una particolare alterazione dell’accensione dei neuroni talamici ed una disritmia talamocorticale che tende ad auto-sostenersi. Alshelh e colleghi dell’Università della California a Los Angeles e dell’Università di Sidney, in Australia, hanno rilevato nelle persone affette un’attività oscillatoria aumentata nelle vie dolorifiche, individuando la causa in un alterato accoppiamento neuroni-astrociti [J Neurosci. 36 (3):1008-1018, 2016].

 

Perché nelle azioni spontanee non ci muoviamo più lentamente di quanto facciamo abitualmente? Cosa determina la velocità degli atti della vita quotidiana? La risposta potrebbe essere questa: il valore del tempo nel controllo neurale dell’azione. La durata del movimento è una caratteristica fondamentale del controllo motorio esercitato dai sistemi neuronici specializzati del sistema nervoso centrale, ma solo di recente si è identificato un principio economico neurofunzionale che stima e calcola il “costo temporale” di un’azione in funzione di un valore apparentemente assoluto di tempo biologico [Cfr Berret B., et al. J Neurosci. 36 (4):1056-1070, 2016].

 

Riletto l’articolo di Monica Lanfredini “Il decennale della fondazione della Società Nazionale di Neuroscienze” pubblicato nella sezione “NOTE E NOTIZIE” il 26 gennaio 2013. Una rilettura su richiesta da parte dei soci è stata occasione per riflettere, rimotivarsi ed indurre anche coloro che in questi giorni si stanno accostando per la prima volta alla nostra esperienza di studio ad entrare in contatto con valori di contenuto non disgiunti da un entusiasmo contagioso. Si approfitta di queste “Notule” per invitare tutti coloro che non l’abbiano già fatto a leggere quell’articolo.

 

Notule

BM&L-06 febbraio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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